La legge dei vasi non comunicanti
Etereo il sentiero vuoto immerso nella tensione molare
il sapore del grezzo che si fonde sulle labbra asciugate dal vento
mentre sciolti i capelli violentano il viso – consapevoli, affranti
dell’ennesimo crine caduto nel nome del vizio – colpevoli
senza cognizione alcuna del sentore acido del tè.
Fermi tutti! Inizia il soliloquio dell’attesa – prefettura
dell’eretica congiura ai pensieri nascosti ad altrui guancia
nell’intima radura dove solo Narciso e Luna trovano la via
e dove l’aria confidava nella solitudine per consolarsi – sola
nel crogiolo di brina e vita mentre vitrea è consol(id)ata.
E resta attenta la mancata marea nel protendere i suoi rami
resa schiva da eccessivo zelo verso infinite mani – macere
come fondali d’erosione dove s’annida il mondo intimidito
infreddolito da miseria e ribrezzo, in oscurità incessante
restano radici inerti meretrici di due mondi non comunicanti.
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